Le aziende sono sempre alla ricerca di avere collaboratori motivati, sembra però che i risultati non siano confortanti. Diversi studi hanno dimostrato che la percentuale di dipendenti motivati è molto bassa. In periodi di elevata disoccupazione e maggiore incertezza nei mercati finanziari mondiali, molti dipendenti si sentono bloccati nel loro lavoro, incapaci di trovare o troppo impauriti per accettare un’alternativa alla posizione attuale.
New Mercer research shows that Italian employees lack commitment to their employers and are dissatisfied with many aspects of the work experience, with a total of 66% “checked out” on some level. Two-fifths of Italian workers say they are seriously considering leaving their organisation at the present time; another one-fourth is ambivalent about whether to stay or go. (http://inside-employees-mind.mercer.com/referencecontent.htm?idContent=1429600)
Il grande numero di libri, corsi, teorie, professionisti del settore, sono in grado di migliorare questo parametro in presenza di condizioni di lavoro e sociali frustranti ?
Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo avere chiaro il significato di motivazione e degli strumenti per misurarla.
Motivazione: la forza che induce un individuo a mettere in atto un determinato comportamento diretto a uno scopo. Per motivazione si intende quindi uno stato interno dell’individuo che attiva, dirige e mantiene nel tempo il suo comportamento verso una meta. Senza motivazione, non potremmo far fronte a nessuna sfida che la vita ci propone (http://www.treccani.it/enciclopedia/motivazione_(Dizionario-di-Medicina)/).
Questa è una buona definizione perché permette di intuire la complessità relativa a questi studi, la motivazione è presente in tutte le nostre attività, personali e professionali. Ogni compito che svolgiamo necessita di adeguata motivazione, all’interno dell’ambiente lavorativo la motivazione non è quindi un valore costante ma cambia in funzione di molte variabili.
Difficilmente potremmo trovare lo stesso livello motivazionale per ogni compito che dobbiamo svolgere all’interno della nostra attività, in ambito lavorativo semplifichiamo considerando la motivazione complessiva legata ad un obiettivo globale. Questa semplificazione pone però ulteriori problemi di misura: lo stesso test somministrato durante diverse attività all’interno del contesto lavorativo, produce risultati sensibilmente diversi (l’attività specifica che sto svolgendo condiziona il mio giudizio globale). Un altro errore di misurazione è presente nella valutazione motivazionale del successo, raggiungere un risultato lavorativo dipende da molte aspetti e solo alcuni correlabili con la motivazione (che si alimenta anche dei risultati stessi). Focalizzare l’attenzione sul singolo individuo tralasciando il contesto quotidiano, gruppi di appartenenza, ambiente, organizzazione, ci porterebbe ad attività di motivazione con scarsi risultati. Nel corso degli anni si sono susseguite molte teorie motivazionali centrate sul compito, alcune delle quali hanno avuto un impatto notevole sulle organizzazioni.
Taylor considerava l’aspetto economico come motivazione principale per i lavoratori, considerandoli intercambiabili (http://en.wikipedia.org/wiki/Scientific_management#Taylor.27s_view_of_workers). Questo approccio per quanto superato è tuttora ben diffuso all’interno delle aziende.
Come è possibile lavorare sul compito per migliorare la motivazione del lavoratore ?
La teoria delle caratteristiche del Lavoro (Hackman e Oldham) è una teoria sulla progettazione del lavoro perché sia motivante, arricchendo i compiti in modi che li rendano più gratificanti ed interessanti.
Vengono quindi definite cinque caratteristiche del lavoro:
- Skill Variety: Il grado in cui un lavoro richiede maggiori competenze e capacità rispetto a quando i lavori sono elementari e di routine.
- Task Identity: Quanto il lavoratore riesce a vedere del risultato finale della sua attività, dando maggiore valore a quando è coinvolto nell’intero processo.
- Task Significance: Quanto l’attività influenza la vita delle altre persone.
- Autonomia: Il livello di indipendenza e discrezione del lavoratore.
- Feedback: Quanto il lavoratore viene informato del risultato della sua performance.
Queste caratteristiche inducono tre stati psicologici in grado di migliorare i risultati in ambito lavorativo:
- Experienced Meaningfulness of the Work: La persona vive il posto di lavoro come intrinsecamente significativo e ne può presentare i valore all’interno e all’esterno del posto di lavoro.
- Experienced Responsibility for Outcome of the Work: Il grado in cui il lavoratore si sente responsabile per i risultati del lavoro
- Knowledge of Results of the Work Activities: Quanto il lavoratore conosce sulla qualità della sua prestazione.
Questo modello può produrre: motivazione interna al lavoro, soddisfazione, superiore qualità e quantità del lavoro.
Per quanto riguarda il rapporto con il dipendente (a prescindere dal compito), uno degli approcci più utilizzati è quello del goal setting (Edwin A. Locke) che stabilisce obiettivi specifici, misurabili, raggiungibili, realistici ed uno specifico periodo di tempo in cui realizzarli.
Obiettivi specifici e ambiziosi portano a un livello superiore di prestazioni rispetto a obiettivi facili o generali. Quando l’individuo accetta l’ obiettivo, ha la capacità di raggiungerlo, e non ha obiettivi contrastanti, esiste una relazione lineare positiva tra obiettivo difficoltà e prestazioni dell’attività.
Secondo Locke occorre quindi che:
- i lavoratori conoscano l’obiettivo e sappiano come raggiungerlo
- Accettino l’obiettivo come qualcosa per cui valga la pena impegnarsi.
Le prestazioni vengono poi aumentate in alcune situazioni:
- Gli obiettivi sono pubblici, espliciti.
- Le aspettative sull’efficacia della propria azione sono elevate.
- L’obiettivo viene assegnato da una persona stimata.
Buona parte degli effetti motivazionali sul risultato dipendono quindi da fattori legati all’organizzazione, al compito ed agli obiettivi. La priorità di chi punta a migliorare la motivazione dei propri collaboratori deve essere quella di porre molta attenzione su questi tre fattori, altrimenti le attività motivazionali sul lavoratore produrranno risultati modesti.
(Alberto Viotto)