Campagne di marketing e percezione del cliente

Spam

Nel rapporto con i propri clienti le aziende utilizzano sempre di più la tecnologia in una modalità che spesso è controproducente. Mail e social network sono strumenti che permettono una comunicazione diretta e devono essere utilizzati correttamente e con misura. Le informazioni che fornisco devono essere di interesse per chi le riceve e non inviate in maniera massiva sperando in un tasso di risposta dell’1%.

In una campagna di marketing che parametri vengono solitamente utilizzati per misurare la redemption?

I KPI (Key Performance Indicators) solitamente utilizzati nell’analisi delle campagne email sono:

  1. Delivery Rate: indicatore della performance di spedizione, misura l’effettiva consegna dell’informazione.
  2. Open Rate: indicatore del numero dei messaggi che sono stati aperti. (non sempre attendibile)
  3. Click to open rate: misura la percentuale di click effettuati nei messaggi aperti.
  4. Click Rate: indicatore più preciso della redemption, traccia i click sui link.

In questo percorso discendente si passa da percentuali di consegna vicine al 100% del punto 1 a numeri vicini allo 0,5% del punto 4.

La domanda che non ci poniamo è quella relativa all’effetto della mail sul 99,5% delle persone che non sono risultate interessate. Nel rapporto con i clienti acquisiti, questi contatti eccessivi e massivi danno la misura non dell’attenzione ma del disinteresse verso il cliente specifico.

Anche quando i contatti vengono personalizzati, spesso partiamo da alcuni presupposti che possono mettere in discussione la nostra credibilità:

1) I clienti vogliono avere un rapporto (emotivo) con il brand.

 Falso: il 77% degli intervistati non ha interesse ad avere contatti non richiesti con i fornitori. Cercare di costruire un rapporto con i clienti con messaggi continui di posta elettronica o programmi di fidelizzazione spesso produce l’effetto opposto. E’ importante che sia il cliente a scegliere se e quanto il fornitore può inviare comunicazioni, dando soddisfazione a chi vuole essere contattato senza infastidire gli altri (la maggioranza).

2) Il numero di interazioni permette di aumentare la fedeltà dei clienti.

Falso:  Non c’è alcuna correlazione tra il numero delle interazioni e la fedeltà del cliente con numero basso di contatti, mentre con l’aumentare dei contatti si può ottenere l’effetto opposto. I clienti sono alla ricerca di strumenti che permettano di ridurre il sovraccarico cognitivo: risposte veloci alle loro richieste, semplicità di accesso alle informazioni, riduzione delle informazioni non richieste.

(fonte Harvard Business Review  https://hbr.org/2012/05/three-myths-about-customer-eng )

È generalmente accettato che la personalizzazione delle attività di marketing (incluse quelle di direct marketing) fornisce solo vantaggi sia per il marketing che per il  cliente. Anche i contatti personalizzati, basati su informazioni non direttamente fornite dai clienti (navigazione internet, precedenti acquisti, co-marketing) possono avere un effetto fortemente negativo nella percezione della campagna:  può evocare nei clienti un senso di avere la loro privacy violata,  portando ad una sfiducia nel mezzo, nel messaggio e nell’azienda.

Tanto più gli utenti sono istruiti tanto più risulta negativa la percezione, giudicando negativamente gli sforzi dell’azienda per personalizzare il contenuto (http://www.universitypublications.net/ijas/0702/pdf/B4R406.pdf).

La logica più corretta per valorizzare i contatti con il cliente è quella di diventare un riferimento per informazioni di interesse per il cliente stesso e comunicare su argomenti richiesti. La percezione dell’azienda da parte del cliente è un valore che deve essere difeso, limitando il più possibile i contatti non richiesti ed impegnandosi nella generazione di contenuti più che in campagne massive.

(Alberto Viotto alberto.viotto@culturainimpresa.com)

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