Come prendere le decisioni all’interno di un’organizzazione.

Nelle organizzazioni un aspetto molto difficile da valutare riguarda i processi decisionali. Sia nel caso di decisori singoli che nel caso di gruppi, prendere la decisione corretta è molto complesso. La definizione del problema, le alternative, la modalità di valutazione, i limiti e gli errori dei decisori, ci spingono verso decisioni non sempre ottimali.

In un precedente post avevo parlato della razionalità nelle decisioni (Processo di vendita e razionalità nelle decisioni: La Teoria del Prospetto – http://culturainimpresa.com/?p=46). L’argomento dei modelli decisionali è però molto vasto, a partire da Paul Wasserman (Decision Making: An annotated bibliography, 1958) e W.J. Gore (A bibliographic essay on decision making, 1959), ci sono stati diversi tentativi di costruirne una panoramica completa (http://dspace.mit.edu/bitstream/handle/1721.1/49226/theoriesofdecisi00ande.pdf?s).

Alcuni dei modelli più conosciuti sono:

Modello razionale, dove il decisore applica una serie di criteri razionali durante il processo decisionale:

  • Identificazione e definizione del problema (deve essere chiaro).
  • Ricerca delle possibili soluzioni, cercando più alternative possibile (tutte le alternative devono essere conosciute).
  • Valutazione di costi e benefici delle alternative (criteri certi, misurabili e costanti nel tempo).
  • Sviluppo di un piano dettagliato di implementazione.

Modello euristico: è più flessibile ed applicabile del modello razionale. I vincoli di chiarezza, conoscenza delle alternative e criteri di valutazione rendono il precedente modello difficile da applicare in molti casi. Il modello euristico tiene conto di:

  • Razionalità limitata: i decisori conoscono un numero limitato di alternative e sono in grado di valutare solo alcune conseguenze di ciascuna alternativa.
  • Satisficing (http://en.wikipedia.org/wiki/Satisficing): tendenza ad accettare la prima soluzione alternativa che soddisfi i criteri minimi stabiliti come accettabili.

Modello Garbage Can (http://www.unc.edu/~fbaum/teaching/articles/Cohen_March_Olsen_1972.pdf) L’organizzazione è intesa come una “pattumiera” dove un insieme disordinato di oggetti è mescolato e questi possono incontrarsi casualmente. In questo contenitore vengono inseriti i problemi a cui dare una soluzione, le possibili soluzioni, e le persone che devono fare la scelta. All’interno dell’organizzazione gli oggetti sono disposti alla rinfusa, la struttura è fluida e le persone, i problemi e le soluzioni scorrono insieme o separati in tempi diversi.

Si compone di quattro elementi: 

  • I partecipanti al processo: i decisori hanno obiettivi diversi, poche energie e tempo a disposizione. Il loro coinvolgimento dipende dai bisogni, obiettivi e disponibilità individuali.
  • I problemi da risolvere sono percepiti diversamente dai diversi partecipanti.
  • Le soluzioni da scegliere e da applicare viste in modo diverso.
  • Le opportunità di decisione.

Questo modello viene utilizzato quando:

  • Gli obiettivi non sono definibili chiaramente
  • I metodi per raggiungere gli obiettivi non sono completamente condivisi.
  • L’organizzazione è poco integrata
  • Ci sono molte persone/gruppi con responsabilità e obiettivi diversi.

Il processo decisionale è un esercizio di valori e i pregiudizi possono emergere mentre si definisce il problema, quando si stabiliscono gli obiettivi e quando si compiono le scelte. Prendere decisioni è stressante. Gli individui non sanno decidere metodicamente: agiscono emotivamente, minimizzano, rinviano, scelgono la strada meno faticosa.

Una decisione può essere messa in pericolo da diversi fattori. Quelli più difficilmente riconoscibili sono: 

  • Post-Decision Dissonance:  Quando le nostre azioni non rappresentano le nostre vere convinzioni i ci ritroviamo in una situazione molto stressante che ci provoca disagio e ci impone di trovare una soluzione. (http://en.wikipedia.org/wiki/Cognitive_dissonance).
  • Escalation of commitment (http://en.wikipedia.org/wiki/Escalation_of_commitment): Le decisioni prese vengono mantenute anche quando sono inefficaci. La prova dell’errore decisionale porta ad aumentare l’investimento (economico o emotivo) anziché a rivedere la decisione.

Questi errori possono essere ridotti con un processo decisionale di gruppo. Il gruppo permette di generare più soluzioni alternative, una maggiore condivisione degli obiettivi ed una maggiore motivazione nel portare a termine la decisione. 

Esistono però anche dei rischi legati alla pressione sociale al conformismo di gruppo (paura del dissenso). 

Un altro fenomeno che limita la qualità delle decisioni di gruppo è quello del groupthink, dove il bisogno di consenso e di coesione nel gruppo prevale sulla qualità della decisione. Il gruppo diventa un’entità che genera fenomeni di illusione di moralità, stereotipi su gruppi esterni considerati nemici,  pressione al conformismo sui componenti, illusione di unanimità spingendo al silenzio le opinioni discordanti. 

Il groupthink porta anche a:

  • Risk shift (deresponsabilizzazione): tendenza a prendere decisioni collettive che comportano rischi maggiori di quelli che si assumerebbero individualmente.
  • Polarizzazione: in seguito al confronto, i punti di vista iniziali vengono estremizzati alimentandosi con la discussione e portando il gruppo a prendere posizioni nella direzione della posizione dominante iniziale ma più drastiche.

Definiti vantaggi e rischi delle decisioni di gruppo, dobbiamo considerare le modalità:

Vroom ha definito un modello che definisce i processi decisionali al variare del livello di influenza che i collaboratori hanno sul processo decisionale ed alle caratteristiche della situazione (http://bgwomeninict.org/language/bg/uploads/files/documents__0/documents__ccdce0783e140b6ff1b684435f435039.pdf).

I 5 modelli decisionali sono:

  • Autocratic Type (AI): Il leader decide autonomamente, con le informazioni che ha a disposizione e senza consultarsi.
  • Autocratic Type 2 (AII): Il leader decide da solo e senza necessariamente informare i follower, richiedendo però a loro le informazioni utili alla decisione.
  • Consultative Type 1 (CI): Il leader condivide il problema e richiede suggerimenti con collaboratori più stretti, in incontri individuali. Prende la decisione da solo decidendo se seguire o meno i consigli.
  • Consultative Type 2 (CII): Il problema viene condiviso e discusso in gruppo, il ruolo dei follower è quello aiutare il leader con idee a suggerimenti. Il leader decide da solo.
  • Group-based Type 2 (GII): Il problema viene discusso in gruppo. Il leader non impone le sue idee, accettando come definitiva la decisione del gruppo.

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La scelta del processo decisionale dipende da sette caratteristiche situazionali: 

  • SC1.Importanza lla qualità della decisione.
  • SC2.La quantità di informazioni necessarie possedute dal decisore
  • SC3.Quanto il problema è strutturato
  • SC4.Importanza dell’accettazione da parte dei collaboratori.
  • SC5.Probabilità che una decisione autocratica venga accettata.
  • SC6.Motivazione dei collaboratori a raggiungere obiettivi organizzativi.
  • SC7.Disaccordo tra i collaboratori riguardante le soluzioni.

Questo modello ha suscitato alcune critiche perché prende in considerazione solo alcuni aspetti del comportamento del leader (http://www.business.ualberta.ca/RichardField/~/media/business/FacultyAndStaff/SMO/RichardField/Documents/Papers/critiquevy.ashx), e manca così di una visione globale.

Il grande numero di modelli, approcci e teorie riguardanti le decisioni dimostra come sia importante valutare l’approccio corretto per ogni problema e decisore.

(Alberto Viotto)

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